Ettore Brissa in memoriam di Massimo Venturi Ferriolo

Materiali di Estetica  – N. 10.2: 2023

Il ricordo di Ettore Brissa, nato a Domodossola il 16 gennaio 1932 e scomparso a Heidelberg il 19 luglio di quest’anno, rinvia alla splendida aurora culturale del dopoguerra milanese, epoca della sua giovinezza e formazione. Per tutta la sua vita mantenne la memoria viva degli anni della Resistenza, vissuti nella sua gioventù da osservatore partecipante. La Repubblica dell’Ossola, l’amicizia duratura con i capi partigiani, le vicissitudini del padre, Antonio Brissa, funzionario di polizia, membro di Giustizia e Libertà, dirigente del CLNAI, imprigionato dai fascisti e, dopo la liberazione, questore di Milano con il prefetto Riccardo Lombardi, sono tutti fatti corroboranti del Dovere del ricordo, dell’etica della memoria che lo accompagnò sempre, testimoniata dalla recente pubblicazione Per un alfabeto della memoria. Aprile 1945/2020. Per non dimenticare, da lui curato per i tipi del Comune di Cannobio.

Quest’etica praticata in tutta la sua vita fonda un’estetica della stessa memoria come dimensione della vita e della cultura umane tratta dall’insegnamento di Antonio Banfi. Nell’inverno 1945-46, nel freddo appartamento di famiglia in via Mascheroni 5 si creò una sorta di salotto letterario condotto dalla sorella Elena con la partecipazione di Dino Formaggio, amico di una vita, di Ezio Bassani, partigiano poi celebre africanista, della germanista Lavinia Mazzucchetti e di altri intellettuali. Già influenzato da questo «circolo culturale», palestra di conversazioni artistiche, filosofiche e letterarie, dove vigeva un metodo legato al nome di un autore con la conseguente discussione, nell’estate del 1948, sedicenne fresco della frequenza del primo anno di liceo classico al Berchet, ascoltò per caso una «lezione del senatore», trovandosi «a far parte dell’uditorio nell’aula del piano superiore della sede vi Via Festa del Perdono: un po’, se così posso esprimermi, come Fabrizio del Dongo alla battaglia di Waterloo ».

Il caso, prosegue la sua testimonianza, «era impersonato da Livio Sichirollo (nome, questo, chiaramente riconducibile alla Scuola milanese) che, nell’attraversare Milano nella sua inseparabile bicicletta, mi aveva sorpreso davanti alla bancherella del libro usato di Porta Vittoria (“fai un po’vedere cosa hai preso…”)», che accompagna all’Università Statale soffermandosi lì . Il senatore era Antonio Banfi che in quei giorni teneva lezione sul confronto tra la nozione di Natura di Spinoza e quella di Goethe. La lezione lo coinvolge in pieno:

Rimane in me (trascorsi, da quel giorno, settanta anni) l’esperienza di un pensiero attuoso, di un discorrere affidato a una dizione senza pentimenti o ripetizione alcuna, di una voce che pareva invitare l’uditorio a rendersi partecipe di una riflessione comune. Intento all’ascolto della voce del Senatore, più ancora preso nel fascino del sorriso banfiano. L’uditorio poteva dimenticare per il tempo di una lezione il “fuori” dell’anno 1948: le divisioni e contrapposizioni di campo, internazionali e intestine, della guerra fredda, fino alla minaccia incombente di un nuovo conflitto mondiale.

Quest’esperienza determinò la sua vita di studente e studioso con l’abbraccio del razionalismo critico di Antonio Banfi, accompagnandolo per il resto dei suoi anni attraverso i dialoghi con Giulio Preti, Enzo Paci, Carlo Ascheri, Furio Cerutti, l’amico heidelberghese Hans Albert e la lettura di Karl Popper.

Senza dimenticare il suo legame con il grande Germanista Giuseppe Bevilacqua. Nella sua brillante mente il filosofare è esercitato con l’interrogazione, porre questioni alla storia e al suo presente, riflettere sulla vita concreta nelle sue forme obiettive e nelle istituzioni politiche e sociali. La cultura è percorsa in tutte le sue forme, i suoi temi, i suoi problemi.

La filosofia si manifestò per lui lo strumento idoneo all’analisi critica del reale, non quella di un sapere assoluto. Presa la maturità classica al Giovanni Berchet nel luglio 1950, ottimo allievo presentato dal preside della sua scuola a Giulio Preti, nel settembre dello stesso anno vinse la borsa di studio, come migliore studente della Lombardia, per il collegio Ghislieri di Pavia dove svolse il suo «apprendistato filosofico» dal novembre 1950 al novembre 1954.

Particolare il suo rapporto con il maestro Giulio Preti descritto nella sua memoria Anni pavesi, «un dialogo che esclude la filia… una lunga serie di conversari…la domanda e l’ascolto…la reciproca indipendenza »: un esercizio dialettico sempre mantenuto. Bella e significativa la sua testimonianza di quest’epoca ricca di douceur de vivre descritta in Nel plurale della scuola di Milano:

Chi ha seguito i corsi con indirizzo filosofico della Facoltà pavese nel primo quinquennio degli Anni Cinquanta può dire, a buon diritto, di sapere cosa fosse la “douceur de vivre”. Come su una prestigiosa passerella ha veduto sfilare uno dopo l’altro nell’aula a pianterreno dell’antica sede dell’Università̀ docenti di Teoretica come Sofia Vanni-Rovighi, Gustavo Bontadini e Enzo Paci, di Storia della Filosofia come Luigi Pareyson, di Morale, come Giulio Preti. A questi nomi vanno aggiunti (le elezioni politiche del ’53 non erano passate invano) quelli di Ludovico Geymonat e Dino Formaggio (quest’ultimo per l’incarico di Estetica). Ecco l’Istituto di Filosofia pavese divenire, nel giro di pochi anni, una sorta di succursale della Scuola di Milano. i docenti “milanesi” erano da considerare di passaggio, dei pendolari, mentre l’unico “stanziario” era Giulio Preti. Una differenza che l’uditorio studentesco percepiva come un dato interferente nel suo rapportarsi con il corpo insegnante.”

Preti gli rimproverava «di andare troppo spesso a Milano», dove in effetti trascorreva i fine settimana per frequentare la Casa della Cultura, il Circolo Filologico, il Piccolo Teatro, partecipando attivamente con Strehler e Grassi alla sua elaborazione estetica, culturale e sociale. Sul teatro ha «un interesse molto sentito» come dimostra il suo primo articolo uscito nel gennaio 1954, scritto, ancora studente a dieci mesi dalla laurea, sulla rivista di filosofia e cultura aut aut, allora diretta da Enzo Paci con Gillo Dorfles redattore capo, dal titolo «Teatro d’educazione o educazione al teatro?» dove discute sul T.N.P. (Théatre National Populaire), teatro di tutti. Un testo che riflette i suoi diversificati interessi culturali . Alla Casa della cultura, come ricorda Fulvio Papi, «si andava a sentire, essere trasformati nel proprio quotidiano, magari in distonia con l’ordine intellettuale che proveniva dalla scuola. Era la Milano del Politecnico di Vittorini».

Va sottolineato in questo contesto il fascino esercitato su di lui dal movimento laico di unità popolare ispirato da personaggi del calibro di Ferruccio Parri, Piero Calamandrei e Carlo Arturo Jemolo. Con Preti e il correlatore Enzo Paci, allievi «pavesi» di Antonio Banfi, si laureò il 5 novembre con una tesi in filosofia morale dal titolo: Il problema della realizzazione della filosofia nella Dissertazione di laurea di Carlo Marx, (Differenz der demokritischen und epikureischen Naturphilosopie, discussa il 15 aprile 1841).

Dobbiamo tener da conto, come scrive lo stesso Brissa nella prefazione, che dopo anni di disinteresse e incomprensioni sono iniziati gli studi sugli scritti giovanili di Marx interessati alla sua prima opera. Di conseguenza non esisteva una specifica letteratura critica sull’argomento. Solo brevi accenni in Auguste Cornu e un’«acuta» interpretazione di Karl Löwith . Per il testo originale di Marx si avvalse dell’edizione critica G.A. e della traduzione francese di Jacques Molitor, sottolineando l’assenza di una traduzione italiana . Questa uscirà solo nel 1980 uscirà presso gli Editori Riuniti ad opera di Mario Cingoli, ristampata nel gennaio 2023 con un corposo saggio di Luciano Canfora che rende ampia giustizia a questo scritto considerato da Maximilien Rubel il solo «strettamente filosofico di Marx» . Canfora prende atto «del fatto che questa dissertazione è davvero uno studio ‘ferrato’ tecnicamente e penetrante in merito a questioni controverse del pensiero post-aristotelico» .

Sono affermazioni che dimostrano il valore dell’argomento di laurea di Brissa nel 1954, potremmo dire profetico. La scelta dell’argomento della tesi di laurea, versato alla realizzazione della filosofia, ricalcò il suo percorso filosofico interessato a un chiarimento sui limiti e significati della filosofia critica – di cui, nel caso di Marx, Bruno Bauer era il massimo esponente – fra la teoria e il «ciò che è»: l’inchiesta sul rapporto tra il pensiero e il reale, tra la filosofia e il mondo, portata avanti per tutta la vita nell’ampio teatro della multiforme cultura . Nella prefazione esamina la critica filosofica marxiana a partire dalla «comprensione di sé, chiarificazione con se stesso, l’esserci spiegati con se stessi (Selbstverständigung) in veste di una realizzazione di sé, di una compiuta manifestazione e attività (Selbstverwirklichung)», espressioni di una riflessione interiore, autocritica per comprendere la ricerca personale avvalendosi del pensiero di Marx. Una spinta a conoscere se stessi nel rapporto con il mondo come problema filosofico. Qui sta la sua apertura alla tesi di Marx: «la filosofia critica è, in un certo senso, complementare alla filosofia assoluta, ed entrambe preludono a una frattura storica e a una svolta radicale nella filosofia» .

Non gli interessava la filosofia in sé e per sé, quanto il filosofare suggerito da Banfi, cioè l’interrogare, porre questioni alla storia e al suo presente. Sono queste le radici del suo pensiero e della sua azione di docente di Lingua e Letteratura italiana a Heidelberg, fino a diventare Direttore Accademico, dove approda nel 1956, luogo «con un centro storico non molto più grande di Cannobio, ma con un’apertura (scientifica) cosmopolita». Ricordiamo soltanto la presenza di Karl Löwith e Hans-Georg Gadamer di cui frequenta i seminari, senza dimenticare la vicina Francoforte dove facevano scuola Theodor W. Adorno e Jürgen Habermas.

È stato molto attivo nella cultura a tutto campo. La lettura di Goethe di cui ha tradotto Il trionfo del sentimentalismo. Un capriccio drammatico (Der Triumph der Empfindsamkeit) con un saggio su «L’estetica della rinuncia e Il Trionfo del sentimentalismo» , e scritto un testo su «Goethe e la Alexis-Legende» in Leggere e rileggere i classici. Per Livio Sichirollo.

Presentò opere di artisti italiani con mostre di disegni e dipinti al Sole d’oro, locale diventato celebre per queste esposizioni. La letteratura (celebre il suo dialogo con Leonardo Sciascia da lui invitato a Heidelberg a cui lo scrivente ha assistito), la memoria, l’incontro, i rapporti interculturali italo tedeschi per i quali fu insignito di onorificenze sia dal Land Baden-Württemberg (Medaglia Stauffer), sia dalla Repubblica Italiana (Commendatore dell’Ordine della Stella d’Italia).

Visse praticamente due «splendide aurore» intellettuali a Milano e a Heidelberg , di queste elaborò un’estetica della memoria orale e scritta da straordinario testimone dello Zeitgeist felicemente vissuto e in particolare, contro ogni spinta all’oblio, dei tempi terribili da non dimenticare, ricordati in «Stolpersteine: iniziativa per ripristinare visibilità a un passato che non passa» : per un’etica del ricordo, un lascito più che mai attuale.

[1] E. Brissa, Nel plurale della Scuola di Milano. Ricordi. La lezione del senatore, manoscritto.
[2] Ibidem.
[3] Ibidem.
[4] E. Brissa, «Anni pavesi: Giulio Preti (ricordi di un “cucciolo dell’uomo”», manoscritto scritto nell’autunno 2011 ricordando il maestro.
[5] E. Brissa, «Teatro d’educazione o educazione al teatro?», in aut aut, 19 (gennaio 1954), pp.67-71.
[6] È parte di una testimonianza di Fulvio Papi
[7] A. Cornu, Karl Marx. L’uomo e l’opera, La Nuova Biblioteca, Milano 1946, pp. 114-123; K. Löwith, Da Hegel a Nietzsche, Einaudi, Torino 1949, pp. 152-157.
[8] G.A., K. Marx, F. Engels, Historisch-Kritische Gesamtausgabe, vol. I.1, pp. 1-81.; trad. fr. Di Molitor, in Oeuvres Completes de Karl Marx, Tome I, pp. 1-72, Costes, Paris 1946.
[9] Cfr. K. Marx, Differenza tra la filosofia della natura di Democrito e quella di Epicuro, con un saggio di L. Canfora, Laterza, Bari-Roma 2023, p. X.
[10] Ibid., pp. IX-X.
[11] Il tema del rapporto tra pensiero e realtà, problema che introduce la dissertazione marxiana, dopo la traduzione italiana di Mario Cingoli, è trattato da Peter Thomas, “Die Fastnachtszeit der Philosophie: il Marx della tesi di laurea”, in Sulle tracce di un fantasma, Roma: Manifestolibri, 2005, pp. 133-144.
[12] E. Brissa, Il problema della realizzazione della filosofia nella Dissertazione di laurea di Carlo Marx, Tesi di laurea in Filosofia Morale, A.A. 1953-54, p. 14.
[13]  j. w. goethe, Triumph der Empfindsamkeit, leipzig 1787, atto II, trad. it. Il trionfo del sentimentalismo: un capriccio drammatico, introduzione e cura di m. venturi Fer- riolo, versione e postfazione di e. Brissa, semar, roma 1998.
[14] A cura di M. Filoni, Quodlibet, Macerata 2004, pp. 17-37.
[15] Per il clima culturale e accademico di Heidelberg si veda la testimonianza del giurista Augusto Barbera, «Insieme ad Heidelberg», in Giuseppe Tesauro. Un uomo un europeista, Atti del convegno in memoria (Napoli 22 luglio 2022), Editoriale Scientifica, Napoli, pp. 175-178.
[16] In Il Protagora 21/22, 1/” (2014), pp 247-248.


Informazioni sull’autore

Prof. Massimo Venturi Ferriolo (Milano 1950), Professore di Estetica. Ha lavorato presso le Università di Urbino, Milano Statale, Heidelberg, Salerno ed è stato visiting professor di molti enti internazionali. Membro della S.I.E. (Società Italiana di Estetica), è stato Direttore del ‘Centro Interuniversitario di Studi e Ricerche sul Giardino e il Paesaggio Mediterraneo’. Dal 1987 presiede per l’editore ‘Guerini e Associati’ di Milano, la collana ‘Kepos’ e i ‘Quaderni di Kepos’. È stato (1992-94) membro del Comitato di Consulenza Editoriale della rivista internazionale Journal of Garden History. Nel 1994 ha vinto il premio speciale Giardini Botanici Hanbury International Prix (Grinzane Cavour), e ora è membro della giuria del premio. Il paesaggio tra etica ed estetica, teoria e progetto, è il tema principale delle sue opere didattiche e scientifiche. La sua prospettiva di indagine abbraccia analisi storiche, speculazioni estetico-filosofiche che guardano alle relazioni tra l’uomo e il suo ambiente, aspetti architettonici/artistici/geografici.

Il testo è stato pubblicato: Materiali di Estetica. Terza serie – N. 10.2: 2023, Pagina 377

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